Intervista sul libro "Antologia della webletteratura italiana", per il progetto "The Big Plot". 2010.

Cristiana Campanini: Teatro, letteratura, tv, cinema e arte si frammentano e si mixano uno nell'altro. I loro linguaggi cambiano, si moltiplicano e si dissolvono attraverso la rete. Da questa prospettiva, Paolo Cirio, www.paolocirio.net, definisce i suoi progetti cross media. Il trentenne artista, attivista politico, art director e vj, più volte al Transmediale festival di Berlino e tra i finalisti del Premio Cairo nel 2009, racconta una spy story dalle venature romantiche attraverso i social network. I frammenti della storia, che coinvolge quattro personaggi legati a doppio filo da relazioni amorose e progetti politici, emergono da foto, video e testi disseminati in rete. Crocevia di questi episodi è il sito www.thebigplot.net. La home page presenta i personaggi uno a uno. A ogni foto segue una sfilza di rimandi alle loro pagine sui social network e una cronologia degli eventi virtuali che li riguardano, video, foto postate, messaggi, ecc. Ed ecco come si presentano. C'è Mark il pilota russo, Brian lo psicologo, Vanessa la giornalista canadese e Paul spia e uomo d'affari. Tra finzione e realtà, i protagonisti della storia e i visitatori del sito intrecciano le loro vite. La narrazione non è lineare, univoca, composta di un unico testo o di un video. Il sito è una multi-piattaforma. Ci mostra un percorso attraverso frammenti (audio, video, foto e testi) dispersi per la rete. Si va da un profilo su Facebook a un video su YouTube. L'esperienza di ricostruire questa narrazione ricorda quella della vita reale. Ognuno di noi, infatti, dissemina tracce di sé o ricostruisce la vita di altri attraverso i social network. Paolo Cirio mette alla prova i limiti di queste piattaforme. Gioca con la spontaneità, la creatività e l'inconsapevolezza di chi le attraversa. The Big Plot è un incubo per chi è sotto l'effetto della socialità virtuale e amplificata dal web 2.0. Laureato in drammaturgia a Torino nel 2005, con una specializzazione sui nuovi modelli di teatro, in passato ha collaborato a progetti di Net.Art con Alessandro Ludovico e Ubermorgen.com. Tra i progetti on line più noti www.check-check.org, 2008; www.peoplequotepeople.com, 2007; www.amazon-noir.com, 2006; www.gwei.org, 2005.


Cristiana Campanini: Cos'è la web letteratura?

Paolo Cirio: Una forma letteraria ibrida e inclassificabile, ma infinitamente interessante per espandere i confini dell'arte.

CC: Artista o scrittore?

PC: Artista concettuale, con una passione per letteratura, teatro e cinema.

CC: Le tue letture?

PC: André Breton, William Burroughs, J.G. Ballard, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Genna e molti altri. I miei testi di The Big Plot sono rimescolati a brani tratti da Millennium People di J.B. Ballard, Bastarda di Christiane Grän e Sei pezzi di teatro in tanti round di Rodrigo Garcia.


CC: Quella che nasce con il web 2.0 è un'espressione letteraria fluida e spontanea o una consapevole alternativa di stile? Insomma, i social network sono luoghi di una nuova letteratura?

PC: Dipende dall'uso che se ne vuole fare. Ci sono regole formali implicite nei social network. Difficilmente si è spontanei su LinkedIn e non tutti usano Twitter per raccontare la vita quotidiana, c'è chi, ad esempio, informa su specifici argomenti. In generale il linguaggio sui social network è informale, più autoriflessivo e personale. Il genere letterario è quello del diario autobiografico. È una grande opportunità per un autore l'uso della voce narrante in prima persona su questi media. Ha un effetto empatico ed emozionale amplificato, come la soggettiva nel cinema. È come porre lo spettatore nel punto prospettico più intimo e personale possibile, dando nelle mani di un personaggio il terzo occhio con cui percepiamo e interpretiamo la realtà attraverso i social network.


CC: Hai già lavorato con le nuove frontiere del racconto in rete?

Tra i miei lavori letterari sul web c'è il progetto Tree Sex Girl Network (su MySpace.com) realizzato con lo scrittore inglese Stewart Home e Tatiana Bazzichelli. È stato poi riutilizzato per un workshop all'università Naba realizzato con lo scrittore statunitense Bruce Sterling, campo di sperimentazione per lo sviluppo di The Big Plot.


CC: Qual è la vicenda, in breve?

PC: Le vicende dell'opera sono incentrate su due identità reali: una spia russa arrestata in Canada nel 2006 (Paul. W. Hampel) e un partito russo di estrema destra con diramazioni in tutta Europa (Eurasia Party). In The Big Plot tali entità sono state letteralmente clonate attraverso l'uso di svariate piattaforme web che permettono di definire un'identità. Con questo processo, tali identità sono passate da un piano "reale" a uno di "finzione" e perciò manipolabili in una storia di spionaggio e cospirazioni, con complicazioni sentimentali e psicologiche.

L'intreccio principale si svolge fra quattro personaggi: una giornalista ambiziosa ma psicologicamente labile, un uomo d'affari accusato d'essere una spia russa, uno psicologo d'azienda frustrato dal lavoro e un pilota d'aerei privati con fissazioni nazionaliste Euroasiatiche. La giornalista deve intervistare il businessman/spia russo con legami politici e affari internazionali nel settore bellico. Il contatto glielo procura il fidanzato che, per caso, è anche lo psicologo del businessman/spia e, in precedenza quello della giornalista stessa. Durante l'intervista la giornalista cede al fascino del ricco uomo d'affari, che s'innamora perdutamente. La giornalista, a quel punto, sorprende tutti lasciando sia lo psicologo che la spia russa per scappare con il pilota d'aereo della spia. Quest'ultimo la coinvolgerà nelle attività del suo partito politico nazionalista Euroasiatico (occultamente finanziato dalla spia). Lo psicologo segue le vicissitudini dell'ex fidanzata sui social network e cerca di psicoanalizzarne le vicende. Spesso cede a crisi di nervi e alla fine fonda un movimento politico umanista in opposizione a quello nazionalista Eurasiatico. La storia non è lineare. Non c'è finale. L'inizio si può trovare in qualsiasi episodio pubblicato sul web, in quanto i riferimenti temporali sono sempre molteplici.


CC: Quanto tempo hai impiegato a realizzare il progetto e quante persone ha coinvolto?

PC: Due anni, dalla ricerca delle fonti alla scrittura e alle installazioni costruite per il mondo dell'arte contemporanea. Le persone coinvolte sono state nove: sei attori e tre editor.


CC: Visto che non c'è un editore e neanche un prodotto realmente vendibile per questo genere di progetti, com'è stato finanziato The Big Plot?

PC: Il progetto è stato finanziato da un'istituzione tedesca di videoarte (il Werkleitz di Halle) tramite il programma European Media Artists in Residence Exchange 2009.


CC: Quali e quante relazioni con il pubblico può avere il progetto? Qual è il grado d'interattività?

PC: The Big Plot ha operato su quattro canali di partecipazione del pubblico. Il primo, più classico, si appoggia agli inviti, alle interviste e alle recensioni. Il secondo, più sottile, nella tradizione del Teatro Invisibile, si è sviluppato senza che il pubblico fosse consapevole di essere di fronte a una finzione. Il terzo canale, più partecipativo, ha visto parte del pubblico entrare nella storia creando online nuovi personaggi ed episodi.


CC: E il mondo dell'arte?

PC: Esiste, in effetti, un quarto e ultimo canale off line. Il pubblico segue la storia in un ambiente costruito ad hoc in una mostra.


CC: Come hai lavorato a The Big Plot? Quali sono le tue fonti? Sei partito da un soggetto letterario o da una storia reale?

PC: È stato un continuo rimescolamento di fonti, storie e personaggi. Tra realtà e finzione. Il primo passo (reale) è stato clonare su Facebook l'identità della spia russa Paul. W. Hampel, arrestato in Canada nel 2006, utilizzando informazioni raccolte dai giornali. In poco tempo si sono materializzati alcuni vecchi "amici" della spia. Dallo scambio di messaggi (al limite dello spionaggio internazionale) ho tratto alcuni episodi della storia. In un brano i testi della spia, infatti, sono autentiche rivelazioni di un amico ritrovato su Facebook. La seconda fonte (reale) è stata il partito politico nazionalista Euroasiatico. L'ho clonato e perciò incluso nella trama con messaggi su forum, siti internet e gruppi sui social networks, appositamente creati. Il terzo passaggio (fiction) è stato rimescolare queste fonti con le opere letterarie sopra citate, creando il tessuto della storia e le personalità dei tre personaggi attorno alla spia. Quarto passo (reale e fiction) è stato il casting. Ho cercato attori la cui vita reale fosse il più possibile simile ai personaggi della storia. Lo psicologo della storia è realmente uno psicologo di New York. Il leader russo è un cantante di musica russa rock-folk con relativi fans. La giornalista è un'attrice, ha origini russe e lavora fra Toronto e Berlino. Gli attori scelti hanno anche ceduto foto della loro vita privata, pubblicate nei profili dei relativi personaggi sui social networks. Gli episodi della storia sono registrati con la webcam nelle loro case. Del quinto e ultimo passaggio (fiction) è protagonista il pubblico che ha creato, senza il mio controllo, personaggi e sviluppi della storia. Così sono sorti blog, profili di Facebook e Flicker, oltre a video su Youtube e personaggi nuovi che interagivano drammaturgicamente con i quattro protagonisti iniziali.


CC: L'esperienza letteraria di The Big Plot appare come un libero gioco di ruoli a cui, a diversi livelli, si aggiungono nuove strade.

PC: Più che un gioco preferisco definirlo una sperimentazione letteraria e artistica. La continua ricerca nel rompere i confini fra realtà e finzione, lo rende un'opera d'arte concettuale. A livello letterario molti l'hanno trovato riconducibile a Sei Personaggi in Cerca d'Autore di Pirandello, per il vasto uso di metalinguaggio nell'opera e per la sperimentazione sugli organi che compongono un'identità e un'individualità umana.


CC: Questi progetti narrativi sul web sono spesso considerati giochi.

PC: È vero, ma è un errore. Sempre più opere televisive, cinematografiche e letterarie sono realizzate stravolgendo l'ordine degli eventi e trasformando la storia in una intricata matassa da sciogliere. Non per questo sono considerati giochi.


CC: La partecipazione, quindi, resta un fatto letterario, non ludico?

PC: Bisognerebbe analizzare la cosiddetta "Participatory" di queste nuove forme di cross-media. Qui, il pubblico modifica le storie e crea nuovi personaggi. È più un fenomeno sociologico che ludico, è una super immedesimazione, una compenetrazione della Società dello Spettacolo nell'esistenza umana.


CC: Con The Big Plot hai definito il genere letterario Recombinant fiction. Di cosa si tratta?

PC: Più che un genere ho cercato di definire una forma d'arte che riunisce letteratura, cinema e teatro, accumunati dall'uso di media e piattaforme digitali interconnesse e di largo consumo. Recombinant fiction, si basa sulle teorie dei media convergenti (1), la cultura della partecipazione (2) e l'uso della realtà come narrazione (3).

1) I media con cui è narrata la storia sono disseminati e multiformi, ma sono usati per far convergere i frammenti della storia. Qui considero come media tutti gli strumenti validi per comunicare su larga scala messaggi riproducibili digitalmente. Per esempio, un articolo su un giornale o un cartellone pubblicitario possono essere usati in modo convergente come strumenti narrativi. Implicitamente, in questo insieme rientrano i profili dei personaggi nei social network. Anche un evento nello spazio pubblico può diventare un media con funzioni narrative. Organizzato attraverso il tamtam della rete e dei cellulari, lo si connette nella rete della narrazione. Tutti questi media sono dello stesso insieme (per astrazione un network). Hanno origini digitali e sono riproducibili velocemente ed economicamente.

2) La partecipazione del pubblico è attiva e drammaturgicamente guidata dai personaggi principali della storia. Il pubblico della narrazione non solo ricompone i frammenti della storia, ma sfrutta le potenzialità dei Personal Media (come i social network o gli smart phone) per far convergere identità elettroniche, vere o finte, nella trama principale e perciò mescolandole al network ricombinatorio della narrazione. Si pensi ai commenti del pubblico scritti con il cellulare e postati sul blog di un personaggio della storia.

3) La realtà è utilizzata come narrazione, trasportando entità e identità dal piano reale a quello narrativo per poi in seguito riportare effetti tangibili della narrazione sulla realtà. Ci sono varie modalità per realizzare questo processo, tutte facilitate dal presente contemporaneo imperniato di simulazione della realtà, si pensi a tutti gli aspetti del reale influenzabili dai media e dal loro abuso. Le nostre esistenze e la nostra civiltà nel semio-capitalismo avanzato sono basate sullo finzione e messe in scena, con il Recombinant Fiction si prende il controllo di questo spettacolo con una nuova narrazione, per guidarne gli effetti sul reale. Non per questo, il Recombinant Fiction è riconducibile a pratiche situazioniste, Hoax, Fake, Troll, etc. dato che essendo periodicamente dichiarata ufficialmente come narrazione, i partecipanti, fuori dalla catarsi dello spettacolo, sanno coscientemente di assistere e di essere partecipi ad un vero spettacolo. Non si tratta di un semplice deturnamento del linguaggio dei media, infatti con Recombinant Fiction indico una rappresentazione di un dramma con conflitti, intrecci e risoluzioni con l'uso di monologhi e dialoghi fra personaggi con una personalità in cui il pubblico si può immedesimare ed appassionare.


CC: Ti sei ispirato al Recombinant theater dei Critical Art Ensamble. Qual è il tuo rapporto con loro e quali sono le basi teoriche di questo lavoro?

PC: Sono un semplice fan del CAE, non ho mai avuto l'onore di collaborare con loro. Nel loro breve testo sul Recombinant Theater ho trovato intuizioni profetiche sulle nuove forme di spettacolo contemporaneo. C'è una vasta comunità accademica che dibatte sulla definizione dei cosiddetti Cross-Media fiction, Alternate Reality Game, Transmedia, ecc. Ma il CAE, già nei primi anni Novanta, indica l'uso organico e ricombinatorio dell'identità elettronica e dello spazio reale attraverso la Performative Matrix.


CC: Se da un lato il tuo racconto sembra celebrare le potenzialità dei social networks dall'altro svela la loro fragilità. The Big Plot sembra un esempio realistico di come la rete possa essere penetrata e manomessa. The Big Plot vuole anche evidenziarne i pericoli?

PC: Sì, sono pericoli a cui però nessuno fa attenzione. E The Big Plot lo rimarca. Siamo nell'era della deregolazione, dell'abuso incosciente. È una moda ma potrebbe influenzare radicalmente il futuro di molti. Inoltre, media come Google, Wikipedia e altri siti, registrano parti della nostra vita senza un nostro controllo. Un testo interessante sull'argomento è Il Futuro della Reputazione di D. Solove. Intanto iniziano a nascere servizi a pagamento, come Reputationdefender.com, per ripulire la reputazione online. D'altra parte, la rete è anche un'arma nelle mani di chiunque voglia denunciare o informare. Per esempio nel caso di The Big Plot la denuncia e l'attaco era riguardo a gruppi di estrema destra in ascesa in tutta Europa.


CC: Per chi si trova a saltare da un brano all'altro della storia, una delle esperienze più realistiche è cercare in Google i nomi dei protagonisti per scoprire con stupore come questi siano indicizzati nelle prime pagine del motore di ricerca. Questo è il passaggio che li rende più reali di qualsiasi altro. Perché?

PC: Google diventa il frullatore che amalgama i due piani di realtà e finzione. Riuscire a manipolare tale risultato per variare la percezione del significato dei soggetti della storia era l'obiettivo principale del progetto. Per fare esempi pratici, nelle ricerche su Google, il cosiddetto partito nazionalista Euroasiatico muta la sua esitenza dalla realtà alla finzione e viceversa. Lo stesso accade alla misteriosa spia russa, e alle altre identità, le quali hanno capillari diramazioni nella realtà.

Non solo Google, ma tutta internet diventa una rete di significanti. Si possono applicare le caratteristiche strutturali di un network a quelle semiologiche e sociali, per poi ricondurre tutto a un sistema neurale. Le interazioni e le variazioni dei flussi su dei nodi messi in rete può condizionare l'intera funzionalità di un sistema, in questo caso sono funzioni d'interpretazione e di significazioni narrative, perciò di costruzione di realtà.


CC: The Big Plot, come espressione letteraria, esiste in rete. Potrà mai uscire da internet?

PC: Molte azioni di The Big Plot sono uscite dalla rete. In due performances sono stati distribuiti centinaia di volantini e poster dei movimenti politici della storia, a Berlino, Londra e molte altre città. Queste azioni fra il letterario e il teatrale sono parte integrante della fiction. Non promuovevano la storia, erano parti di essa. Molti, infatti, hanno iniziato a seguire il racconto da un manifesto trovato sul muro nel loro quartiere o da un volantino distribuito dalla mano di un personaggio della storia.


CC: Il tema della dissoluzione dell'identità, a cui partecipa ogni giorno ognuno di noi, disseminando tasselli della propria vita in rete attraverso i social network, è centrale nel tuo lavoro?

PC: È la nostra contemporaneità. Come artista è mio compito usare le modalità d'espressione del nostro tempo, analizzarle, sdrammatizzarle.


CC: In questo senso, The Big Plot si può considerare un'opera neorealista?

PC: Puro neorealismo. Quando ho iniziato il progetto (2008) eravamo agli albori di quello che ora è un fenomeno di massa, ossia l'uso contemporaneo di piattaforme come Facebook per sfogare compulsivamente le personali frustrazioni, le speranze politiche e sentimentali. Lo si vede fra le persone attorno a noi e lo si legge quotidianamente sui giornali di tutto il mondo. Campagne di protesta nascono e muoiono nei social network. E il tutto è mixato alla vita privata e intima di milioni di persone.



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